Docinterazfarma.pdf

EFFETTI INDESIDERATI E INTERAZIONI FARMACOLOGICHE DEL TRATTAMENTO
ANTIRETROVIRALE

- INTRODUZIONE

- I. REAZIONI AVVERSE ASSOCIATE AI FARMACI ANTIRETROVIRALI:

EVENTI AVVERSI PRECOCI E TOSSICITÀ A LUNGO TERMINE
- Eventi avversi precoci
- Tossicità a lungo termine
Alterazioni della distribuzione del tessuto adiposo - II. INTERAZIONI TRA FARMACI NELLA TERAPIA
DEI PAZIENTI CON INFEZIONE DA HIV

- Principali meccanismi di interazione
- Interazioni farmacocinetiche
Modificazioni del metabolismo - Il sistema del citocromo p450 Modificazioni della farmacocinetica intracellulare Alterazioni dell’escrezione renale - Interazioni farmacodinamiche
-Therapeutic Drug Monitoring (TDM) dei farmaci antiretrovirali
PRESENTAZIONE
I farmaci attualmente in uso per la terapia dell’infezione da HIV possono essere raggruppati in tre classi in base al
meccanismo di azione: gli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI), gli inibitori non-nucleosidici della trascrittasi
inversa (NNRTI) e gli inibitori della proteasi (IP).
In tabella 1 sono riportati i principali farmaci attualmente in uso in Italia.
La storia del trattamento dell’infezione da HIV inizia nel 1987 con l‘introduzione del primo NRTI, la zidovudina; negli anni
successivi, a questa si sono aggiunti altri farmaci della stessa classe utilizzati dapprima in monoterapia e poi in terapia
duplice.
Questi trattamenti avevano raggiunto risultati limitati per quanto riguarda il controllo della malattia e quindi il miglioramento
della qualità di vita e la sopravvivenza.
La vera “rivoluzione terapeutica” è iniziata nel 1996-97 con l’introduzione degli inibitori della proteasi e successivamente degli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa ; l’avvento dei nuovi farmaci ha dato inizio all’era della «highly active antiretroviral therapy» (HAART) e conseguenza è stata una significativa riduzione di nuovi casi di AIDS, di infezioni opportunistiche e di decessi che l’utilizzo su vasta scala della triplice combinazione ha determinato nei paesi dove è stato possibile accedervi . Inoltre, per la prima volta dall’inizio dell’epidemia da HIV, si è iniziato a parlare di recupero del sistema immunitario e, sia pur
con eccessivo entusiasmo, di eradicazione della malattia.
Attualmente le linee-guida internazionali consigliano di utilizzare una terapia di combinazione comprendente tre o più farmaci tra quelli Numerosi studi clinici controllati hanno dimostrato che questo trattamento è in grado di ottenere una soppressione virale efficace e duratura e di permettere la ricostituzione del sistema immunitario. Questi risultati permettono oggi di considerare l’infezione da HIV come una malattia cronica che può consentire una buona qualità di vita. Al contrario la speranza di eradicare la malattia ha subito una battuta d’arresto e si è reso evidente che il trattamento deve essere Questa necessità ha fatto emergere nuovi problemi legati al trattamento cronico: il primo legato alla comparsa di eventi avversi e di tossicità a lungo termine, il secondo conseguente alle numerose interazione farmacocinetiche e farmacodinamiche fra gli antiretrovirali e altri trattamenti farmacologici di cui in paziente può necessitare,. I. REAZIONI AVVERSE ASSOCIATE AI FARMACI ANTIRETROVIRALI: EVENTI AVVERSI PRECOCI E
TOSSICITÀ A LUNGO TERMINE
Il problema della tollerabilità della terapia HAART si è delineato sempre più come uno dei problemi che,insieme a quello
dell’aderenza, limita l’efficacia del trattamento.
Infatti ai numerosi dati sull’efficacia dei nuovi regimi terapeutici si sono da subito affiancate segnalazioni di un numero
sempre crescente di reazioni avverse; in particolare l’impiego su vasta scala degli inibitori della proteasi ha messo in rilievo
una serie di eventi poco evidenziati dagli studi clinici controllati che hanno permesso la registrazione di questi farmaci. Il
motivo della discrepanza dei dati di tollerabilità emersi dai trials clinici e di quelli evidenziati nella pratica clinica è di ordine
metodologico. E’ noto che lo scopo principale della ricerca clinica è quello valutare l’efficacia di un farmaco; per questo
motivo vengono disegnati modelli sperimentali atti a validare un determinato intervento terapeutico ma che presentano
inevitabilmente alcuni limiti nella rilevazione degli eventi avversi. Ad esempio, le dimensioni del campione di un trial clinico
sono calcolate per rispondere a quesiti di efficacia e non per rilevare eventi avversi. Inoltre, in quasi tutti i trials clinici la
durata del trattamento sperimentale non permette di raggiungere adeguate informazioni in relazione ad effetti avversi che
possano comparire nel medio e nel lungo termine. Questi motivi, insieme alla necessità di utilizzare rapidamente farmaci di
cui era nota l’efficacia in una patologia a grave prognosi, come l’infezione da HIV, ha avuto come conseguenza il fatto che
gran parte degli eventi avversi acuti e tutta la tossicità a lungo termine si siano evidenziati nella pratica clinica. Il fatto che i
vari regimi terapeutici proposti prevedano l’utilizzo di farmaci in associazione e che spesso i pazienti abbiano in precedenza
utilizzato terapia con altri antiretrovirali, ha reso e rende tuttora difficoltosa l’attribuzione di un evento avverso ad un preciso
farmaco. Sempre più sembra diventare evidente che, ad eccezione di alcuni quadri in genere a comparsa rapida,
sicuramente attribuibili all’utilizzo di un particolare farmaco, la comparsa di eventi avversi sia la conseguenza dell’attività di
farmaci che si potenziano fra loro. Per questo motivo riteniamo sia a tutt’oggi più appropriato parlare di tossicità da HAART
e a questo concetto ci atterremo durante la trattazione, non affrontando problemi di tipo patogenetico che sono ancora
ampiamente in discussione.
E’ nostro intento fornire informazioni utili nell’identificare i più comuni eventi avversi suddividendoli, nei limiti del possibile,
in precoci, che tratterremo per apparato, e a insorgenza tardiva.
In tabella 2,3 e 4 sono invece in modo sintetico riassunti i principali eventi avversi per farmaco. Nella tabella 5 vengono evidenziate le tossicità sovrapponibili tra i molteplici farmaci utilizzati nell’infezione da HIV. Eventi avversi precoci
Spesso i pazienti in trattamento con HAART, soprattutto se sono inclusi IP, riferiscono secchezza della cute e delle mucose, in In alcuni casi compaiono anche manifestazioni a carico degli annessi quali alopecia e perionissi. Sono riportate in letteratura alcune segnalazioni relative alla comparsa di alopecia in pazienti trattati con IP e in particolare con Indinavir. La manifestazione colpisce il cuoio capelluto, la regione pubica e ascellare e la cute degli arti inferiori e si presenta spesso in forma aerata coinvolgendo anche vaste zone. Non sempre regredisce alla sospensione del trattamento che rimane però l’unica Si tratta di un processo infiammatorio che coinvolge il tessuto periungueale con eritema, edema ed essudazione; interessa in genere le unghie dei piedi e può coinvolgere una o più dita. L’intensità del processo infiammatorio varia da paziente a paziente, ma può essere molto doloroso e rendere difficoltosa la deambulazione. In alcuni studi è stato associato al trattamento con lamivudina, in altri a quello con indinavir. In genere regredisce alla sospensione della terapia. Utile il trattamento antibiotico; in alcuni casi può essere indicata l’escissione dell’unghia. Rash cutanei e reazioni di ipersensibilità E’ noto che i pazienti con infezione da HIV presentano reazioni di ipersensibilità a farmaci con frequenza aumentata rispetto
alla popolazione generale; in particolare questo problema si è evidenziato sin dai primi anni per i trattamenti con sulfamidici.
Reazioni di ipersensibilità sono state descritte anche in pazienti in terapia con antiretrovirali e l’identificazione del responsabile è stata spesso difficoltosa in conseguenza dell’utilizzo di due o più farmaci. Una reazione di ipersensibilità si presenta nel 3-20% dei trattamenti, anche se spesso si tratta di manifestazioni di modesta entità. L’ipersensibilità a farmaci è caratterizzate nella maggior parte dei casi dalla comparsa di un esantema maculo-papuloso diffuso, intensamente pruriginoso, accompagnato o no a febbre. Raramente sono state descritte manifestazioni allergiche più tipiche quali Si tratta in genere di reazioni ritardate che compaiono più frequentemente nelle prime due settimane di terapia. Possono accompagnarsi a febbre anche elevata e artromialgie. La febbre, se presente, regredisce rapidamente, in genere in 24 ore, dopo la Più raramente ma comunque sempre con frequenza superiore alla popolazione generale è stata descritta la comparsa di sindrome di Stevens-Johnson e sindrome di Lyell; questa evenienza, anche se non frequente, deve essere tenuta in considerazione per la gravità Tutti i farmaci antiretrovirali possono dare ipersensibilità, ma questa è più frequentemente associata al trattamento con efavirenz (5- 10%) e nevirapina (17-24%), abacavir (3-5%) e tra gli IP nelfinavir e amprenavir (20%). Dermatite esfoliative gravi sono state descritte con nevirapina (4-8%) e amprenavir. L’ipersensibilità ad abacavir si manifesta con febbre spesso, ma non sempre, associata a rash ;è stata segnalata la possibile comparsa di sintomi addominali quali nausea, vomito e dolori di tipo colico, di astenia marcata e linfoadenopatia. Possono comparire inoltre sintomi correlabili a infezione dell’apparato respiratorio, quali tosse e modesta dispnea. Tali manifestazioni si presentano nelle La diagnosi di ipersensibilità ad abacavir è importante perchè in questo caso il farmaco non deve più essere utilizzato in quanto si sono verificate reazioni mortali alla riesposizione. Non è nota la patogenesi delle reazioni di ipersensibilità ad antiretrovirali, anche se verosimilmente non si tratta di reazione allergiche IgE-mediate. La diagnosi è essenzialmente clinica. Nella maggior parte dei casi la reazione si risolve spontaneamente e la necessità di sospensione del farmaco deve essere valutata caso per caso, in base alla gravità della sintomatologia e alla storia del paziente. Il trattamento va comunque sempre sospeso quando l’esantema è esteso e si accompagna a febbre e quando sono coinvolte le mucose. La riesposizione al farmaco non deve mai essere effettuata con abacavir e in caso di reazioni gravi quali importanti esantemi con successiva desquamazione e quadri con coinvolgimento mucoso. Il trattamento delle reazioni di ipersensibilità si avvale di antistaminici e steroidi. Reazioni avverse a carico dell’apparato gastroenterico si presentano spesso nei pazienti in terapia con HAART; si tratta in genere di sintomi che insorgono nei primi giorni di trattamento, spesso regrediscono o si attenuano nelle settimane successive, difficilmente sono responsabili di sospensione. In genere vengono trattate con beneficio con terapia sintomatica. La nausea rappresenta un evento avverso molto frequente ; praticamente tutti i farmaci utilizzati per la terapia possono
causarla. Tra gli NRTI è più comune con didanisina e zidovudina mentre può comparire come conseguenza del trattamento
con tutti gli IP.
Più rara la comparsa di vomito che causa però più spesso la sospensione del trattamento.
In questi anni le formulazioni per alcuni farmaci sono notevolmente migliorate passando da sciroppo o compresse
masticabili a capsule; infine per molti preparati non è più obbligatoria l’assunzione in particolari condizioni ( per alcuni dopo
pasti grassi, per altri a digiuno). Questo ha ridotto l’incidenza di effetti collaterali gastrici e ha migliorato l’aderenza alla
terapia.
La terapia di questi eventi avversi è comunque sintomatica; da evitare l’utilizzo di farmaci che possano interagire con la terapia di base o renderne difficoltoso l’assorbimento (ad es. è da proscrivere l’uso di antiacidi in pazienti in trattamento con indinavir) Anche la diarrea è frequentemente associata al trattamento antiretrovirale. I farmaci più spesso responsabili di tale sintomo
sono didanosina, nelfinavir, amprenavir e ritonavir; in tabella 6 è riportata la frequenza di comparsa riscontrata in
letteratura.
Compare in genere nei primi giorni di terapia e in alcuni casi regredisce dopo alcune settimane.
Se la diarrea è moderata ( sino a 3-4 scariche al giorno) può essere utile terapia sintomatica con loperamide e modificazioni
della dieta.
Nella diarrea conseguente ad assunzione di nelfinavir si è dimostrato utile il trattamento con calcio 500 mg due volte al
Tossicità epatica
Molti antiretrovirali sono stati associati alla comparsa di epatite tossica.
Gli NRTI possono causare alterazione della funzionalità epatica già nelle prime settimane di terapia, ma anche dopo più di 6
mesi dall’inizio del trattamento.
Gli NNRTI sono responsabili di tossicità epatica che insorge più frequentemente entro il terzo mese di terapia; il farmaco
maggiormente implicato è nevirapina per cui sono stati descritti anche casi di epatite fulminante.
Tutti gli IP sono implicati nella comparsa di danno epatico, ma in vari studi il farmaco maggiormente correlato all’insorgenza
di questo evento è ritonavir.
Da queste osservazione si deduce che il monitoraggio della funzionalità epatica deve essere sempre previsto nell’ambito dei
controlli che il paziente in trattamento esegue periodicamente.
In letteratura è stato ripetutamente segnalato che i pazienti con coinfezione da HCV e HBV sono più suscettibili alla
comparsa di tossicità epatica.
La comparsa di tossicità epatica è attualmente uno dei maggiori problemi perchè frequentemente impone la sospensione
della terapia; il fatto che molti pazienti presentino, per motivi epidemiologici, coinfezione con virus epatitici rende ancora più
problematica la situazione.
Non esistono precise controindicazioni alla terapia in pazienti che presentano gravi forme di epatite cronica o di
sospensione della stessa in relazione al grado del danno epatico.
In un paziente epatopatico non dovrebbero essere utilizzati, se non indispensabile, farmaci noti per la loro più rilevante
epatotossicità. Deve essere valutata (si impone la sospensione?) la necessità di sospensione del trattamento quando le
transaminasi raggiungono un valore pari o superiore a 10 volte il valore normale ( tossicità di grado IV secondo le scale di
gravità utilizzate negli studi internazionali).
Aumento della bilirubina indiretta (> 2,5 mg/dl) compare in terapia con indinavir in circa il 7% dei casi, ma non è espressione
di tossicità epatica.
Occasionalmente può essere riscontrato modesto incremento delle sole γ-GT.
Apparato muscolo-scheletrico
In conseguenza al trattamento con quasi tutti i farmaci antiretrovirali è descritta la comparsa di mialgie diffuse. Possono
presentersi nelle prime settimane di trattamento oppure più tardivamente. Poichè potrebbero essere espressione di
incremento dell’acido lattico è utile qualora i sintomi siano importanti e accompagnati da astenia, eseguire un controllo della
lattacidemia.
Più recentemente è stata segnalata l’insorgenza di osteopenia e osteoporosi forse da porre maggiormente i relazione
all’utilizzo di IP; spesso si accompagna a quadri di lipodistrofia e a elevati livelli di acido lattico.
Una patologia grave e invalidante che può coinvolgere l’apparato scheletrico è l’osteonecrosi. Sono stati descritti casi di
osteonecrosi della testa del femore e più raramente dell’omero, spesso bilaterali, in pazienti in terapia HAART. Si tratta di
quadri molti gravi che comportano un elevato livello di invalidità, descritti nei pazienti con infezione da HIV anche prima
dell’utilizzo di trattamenti aggressivi, ma la cui segnalazione è indubbiamente aumentata negli ultimi anni. Non sembrano
correlabili ad una particolare classe di farmaci. L’osteonecrosi si manifesta inizialmente con dolore al capo articolare
interessato e successivamente con impotenza funzionale anche grave.
Apparato urinario
Effetti avversi a carico del rene sono segnalati quasi esclusivamente in pazienti in trattamento con indinavir.
Nefrolitiasi con o senza ematuria si manifesta in questi soggetti, con una frequenza pari al 3-15%. I calcoli sono costituiti da
cristalli di indinavir con o senza calcio. In genere tale evento non si accompagna a disfunzione renale e si risolve con
apporto idrico e interruzione temporanea della terapia.
Per prevenire tale complicanza è raccomandata l’assunzione di almeno 2 litri di liquidi al giorno.
Sono stati inoltre segnalati rari casi di nefrite interstiziale e insufficienza renale.
Pancreatite
L’insorgenza di pancreatite è messa in relazione con l’utilizzo degli NRTI e in particolare con didanosina. E’ stata descritta
nel 7% dei pazienti in terapia con questo farmaco; in una percentuale più elevata di casi si evidenzia solo incremento delle
amilasi.
Il rischio di questo evento è maggiore nei pazienti con anamnesi positiva per pregressa pancreatite, abuso di alcool e stadio
avanzato di malattia.
Sistema nervoso centrale e periferico
Di frequente riscontro in pazienti trattati con HAART sono sintomi quali cefalea, vertigini e insonnia. Si tratta in genere di
disturbi non fortemente invalidanti e temporanei.
Più importanti sono invece i sintomi neurologici associati alla terapia con efavirenz; in particolare vertigini, cefalea, difficoltà
alla concentrazione, ansia, insonnia o sonni disturbati da incubi sino a comparsa, in un ridotto numero di casi, di disturbi di
tipo psicotico.
L’entità dei sintomi è dose-dipendente e questi compaiono ad ogni assunzione del farmaco; in genere presentano un
intensità decrescente nel tempo e si risolvono spontaneamente in alcune settimane di terapia. Qualche volta però, è
necessario sospendere il trattamento.
E’ utile che il paziente sia informato della possibilità che questi disturbi si presentino. Tali eventi controindicano la terapia
con efarivenz in pazienti ansiosi, depressi e che presentano problemi di compliance.
La neuropatia periferica può insorgere in seguito a trattamento con NRTI; questo evento avverso è sicuramente correlabile
all’assunzione di farmaci appartenenti a questa categoria perchè è stato riportato quando questi erano assunti in
monoterapia. In particolare la neuropatia può comparire con didanosina, zalcitabina e stavudina; più rara come
conseguenza del trattamento con gli altri NRTI.
Le caratteristiche cliniche sono sovrapponibili alla neuropatia HIV correlata, ma se l’origine è iatrogena ha un esordio e una
progressione più rapida; è dose-correlata.
Sono stati identificati quali fattori di rischio una storia precedente di neuropatia, grave immunodeficienza, trattamento
concomitante con altri farmaci neurotossici quali chemioterapici, dapsone. isoniazide e la presenza di altre patologie
sistemiche come diabete e alcoolismo.
Regredisce alla sospensione del trattamento in un periodo di tempo variabile fra 1 e 9 settimane; più raramente, se è da
farmaci, permane dopo due mesi.
La terapia è sintomatica e prevede l’uso di fans per le forme lievi. Quando la sintomatologia dolorosa è più accentuata si
può trattare con amitriptilina, gabapentin o lamotrigina.
Tossicità a lungo termine
Si tratta di un insieme di alterazioni che coinvolgono la distribuzione del tessuto adiposo, il metabolismo lipidico e glicidico portando alla definizione della cosiddetta “sindrome lipodistrofica”. Tali patologie compaiono dopo un periodo di terapia di alcune settimane, a volte di alcuni mesi. Tutte sono state riportate per la prima volta dopo la commercializzazione degli IP e questo ha portato inizialmente ad una associazione causa-effetto con questo gruppo di farmaci. Successivamente le stesse alterazioni sono state segnalate anche in pazienti che eseguivano trattamenti con NRTI e/o con Attualmente non si è giunti ad una definizione patogenetica di questi quadri; l’ipotesi più accreditata è che la loro comparsa non sia legata all’utilizzo di un solo farmaco ma all’associazione fra essi e al potenziamento reciproco dell’attività terapeutica. La sindrome lipodistrofica
Nel 1997, poco dopo l’introduzione della terapia con IP, compaiono in letteratura le prime segnalazione di alterazioni della distribuzione del tessuto adiposo; queste riguardano inizialmente la descrizione di formazioni lipomatose in alcune zone corporee quali ad esempio la regione cervico-dorsale (“ gobba di bufalo”) e l’aumento di volume delle mammelle; successivamente si evidenziano quadri di ridistribuzione del grasso corporeo più o meno associate ad alterazioni del metabolismo lipidico e glucidico. Alterazioni della distribuzione del tessuto adiposo In questi anni si sono andate definendo come possibile conseguenza della terapia antiretrovirale una serie di alterazioni della distribuzione del tessuto adiposo che si manifestano con quadri tra loro dissimili ma sostanzialmente riconducibili a : gobba di bufalo e lipomatosi multipla simmetrica: accumulo di tessuto adiposo in regione cervico-dorsale che si configura come la più nota “ gobba di bufalo” presente nella sindrome di Cushing. Più raramente può coinvolgere tutta la regione superiore del tronco con alterazioni simili alla lipomatosi multipla sistemica. Queste manifestazioni possono essere tanto pronunciate da comportare dolore e impaccio dei movimenti. ipertrofia delle mammelle con inturgidimento del seno: di frequente riscontro nelle donne. Raramente descritta la ginecomastia adiposità viscerale con aumento della circonferenza dell’addome • Alterazioni da perdita del tessuto adiposo Progressiva riduzione del grasso sottocutaneo che coinvolge gli arti soprattutto gli inferiori e il volto. Non coinvolge la massa magra e non si associa, in genere, a perdita di peso. Sono caratterizzati da accumulo di tessuto adiposo in genere all’addome e riduzione della massa grassa al volto, agli arti superiori e Coinvolgono più frequentemente il metabolismo lipidico con ipertrigliceridemia anche molto elevata (> 800 mg/dl) e
ipercolesterolemia con bassi livelli di colesterolo HDL.
Meno spesso è coinvolto il metabolismo glucidico. Un’ alterata sensibilità all’insulina è riportata, in alcuni lavori, in circa il
60% dei pazienti trattati con HAART; in un basso numero di casi può portare alla comparsa di un diabete manifesto.
Da segnalare il frequente incremento dell’uricemia, anche se anedottiche sono le segnalazioni di gotta.
Queste alterazioni possono presentarsi isolate o associate fra loro; spesso si accompagnano a quadri misti di lipodistrofia. Nell’ambito del 1° Workshop Europeo sul tema della lipodistrofia tenutosi nel 1999 si è cercato di delineare una classificazione unitaria che servisse da riferimento per definire l’evento lipodistrofia in tutte le sue variabili; tale classificazione è riportata il tabella 7. Molte delle alterazioni che caratterizzano la sindrome lipodistrofica ( in particolare iperlipidemia, diabete e obesità viscerale) sono riconosciute nella popolazione generale come fattori di rischio per patologie cardiovascolari. Anche se studi osservazionali a medio termine non hanno finora evidenziato un aumentato rischio cardiovascolare nella popolazione HIV -positiva in trattamento antiretrovirale, segnalazioni anedottiche sempre più frequenti di infarto miocardico e patologie coronariche in pazienti in trattamento con IP rappresentano un motivo di preoccupazione. E’ pertanto opportuno che il follow-up clinico dei pazienti in trattamento antiretrovirale, soprattutto dei maschi di età superiore ai 40 anni e con familiarità per patologie cardiovascolari, sia mirato anche al controllo dei principali fattori di rischio quali, fumo, vita sedentaria, ipertensione arteriosa e alterazioni del metabolismo lipidico e glucidico. I pazienti ad elevato rischio potrebbero beneficiare in prima linea di regimi PI-sparing in modo da prevenire o limitare le Gestione delle alterazione del metabolismo lipidico I provvedimenti da adottare in pazienti con alterazioni del metabolismo lipidico sono simili a quelli consigliati nel sogetto che non In primo luogo è utile valutare alcune caratteristiche dello stile di vita. dieta a basso contenuto di grassi e di zuccheri controllo dei fattori di rischio cardiovascolare quali fumo, ipertensione e vita sedentaria Bisogna comunque considerare che l’intervento sulla dieta e sullo stile di vita comporta una riduzione dell’11% dei livelli di colesterolo Il trattamento farmacologico può essere adottato secondo lo schema proposto in tabella 8. Va considerato che le statine devono essere utilizzate con particolare attenzione perché alcune di queste molecole interagiscono con i farmaci antiretrovirali che ne aumentano le concentrazioni plasmatiche incrementando il rischio di epatotossicità e miopatia. Acidosi lattica
E’ una complicanza rara ma potenzialmente fatale che sembra essere correlata con il trattamento con NRTI. L’interferenza di
questi farmaci a livello mitocondriale con il processo di fosforilazione ossidativa comporta un accumulo di acido lattico che
può portere alla comparsa di acidosi.
Come fattori di rischio sono stati identificati la terapia prolungata con questa categoria di farmaci, lo stadio avanzato di
malattia, l’obesità, il sesso femminile; poichè è necessaria una funzionalità epatica normale per rimuovere l’acido lattico, è
probabile che i pazienti con epatopatia di base sia più predisposti a sviluppare acidosi.
Si manifesta con nausea, vomito, dolori addominali, astenia, calo ponderale, epatomegalia e a volte pancreatite. Nei quadri
più severi si instaura un quadro di acidosi metabolica che può rapidamente evolvere in insufficienza respiratoria, renale e
possono comparire aritmie.
E’ indispensabile l’interruzione immediata del trattamento con NRTI e il trattamento sintomatico dell’ iperlattacidemia che
deve comunque essere condotto in ambiente ospedaliero.
II. INTERAZIONI TRA FARMACI NELLA TERAPIA
DEI PAZIENTI CON INFEZIONE DA HIV
Le numerose e complesse interazioni farmacologiche che possono verificarsi tra i diversi preparati antiretrovirali e tra questi
e altri farmaci rappresentano un problema di assoluta attualità e rilevanza nella gestione dei pazienti HIV positivi. Tra le
sostanze più frequentemente coinvolte figurano alcuni principi attivi presenti in farmaci comunemente impiegati nella terapia
e/o profilassi delle infezioni, sia opportuniste che intercorrenti, nella terapia delle neoplasie e nel trattamento di disturbi
metabolici e psichici. Rilevanti, inoltre, possono essere le interferenze con la terapia nei pazienti che consumano sostanze
d’abuso o prodotti cosiddetti “naturali”.
Le interazioni tra farmaci possono avere conseguenze classificabili come utili, quando si ha un aumento dell’efficacia
terapeutica di alcune sostanze (vd. ad esempio strategie di potenziamento degli inibitori della proteasi), o dannose, quando
si verifica una diminuzione dell’attività (fallimento terapeutico) o aumento della tossicità degli antiretrovirali stessi o delle
molecole somministrate in associazione (comparsa di eventi avversi).
Tra le numerose reazioni tra farmaci osservate nei modelli animali e nell’uomo, alcune possono tradursi in rilevanti
conseguenze cliniche. E’ essenziale quindi che sia l’impostazione della terapia antiretrovirale che ogni successiva
prescrizione medica in corso di trattamento si fondino su un’attenta valutazione delle possibili interferenze farmacologiche.
E’ inoltre opportuno che queste problematiche, normalmente di pertinenza dell’infettivologo, entrino a far parte del bagaglio
tecnico dei medici ospedalieri e i di base cui sempre più frequentemente fanno riferimento i pazienti HIV-positivi.
Principali meccanismi di interazione
Per interazione potenziale tra farmaci si intende la possibilità che un membro di una classe di farmaci possa modificare l’intensità degli effetti farmacologici di un altro farmaco somministrato contemporaneamente. Il risultato netto può essere un aumento o una diminuzione degli effetti di uno dei due farmaci o di entrambi, nonché la comparsa di un nuovo effetto che non si osserva con l’uno o l’altro farmaco da solo. La frequenza delle interazioni clinicamente significative tra farmaci non è facilmente prevedibile e solo una profonda conoscenza delle caratteristiche farmacologiche dei preparati utilizzati e dei probabili meccanismi di loro interazione può aiutare a riconoscere e a prevenire interferenze indesiderate. Le interazioni farmacologiche possono essere farmacocinetiche (modificazioni dell’assorbimento, della distribuzione, del
metabolismo o della eliminazione di un farmaco ad opera dell’altro) oppure farmacodinamiche (sinergia o antagonismo
nell’efficacia o negli effetti tossici).
Modificazioni dell’ assorbimento
Le interazioni dei farmaci a livello dell’assorbimento rappresentano un aspetto importante nella pianificazione del
trattamento antiretrovirale. Diversi meccanismi tra farmaci, infatti possono essere alla base di un alterato assorbimento di un
farmaco. Tra questi particolare ruolo è assunto dalle alterazioni del pH gastrico, dalla chelazione dei cationi divalenti e
dall’assorbimento competitivo.
Le compresse di didanosina (ddI), ad esempio, contengono un tampone antiacido di carbonato di calcio e idrossido di
magnesio che, se da una parte aumenta l’assorbimento del farmaco, dall’altra può alterare l’ assorbimento di altri farmaci
che richiedo un pH acido come è il caso dell’itraconazolo e del ketoconazolo. Questi due farmaci devono quindi essere
somministrati a distanza di due ore dalla didanosina o in alternativa può essere utilizzato il fluconazolo il cui assorbimento
non è influenzato dal pH gastrico. Il tampone del ddI può alterare anche l’assorbimento dell’indinavir che richiede di essere
assunto a digiuno o con un piccolo pasto. Anche in questo caso l’assunzione dei due farmaci deve essere distanziata di
almeno un ora. Il tampone delle compresse di didanosina contiene inoltre cationi divalenti di calcio. Dal momento che il
calcio chela i fluorochinoloni e le tetracicline, esso può causare diminuzioni clinicamente significative dell’assorbimento e
dell’AUC di questi preparati. Anche in questo caso la somministrazione dei due farmaci deve essere distanziata di almeno un
Modificazioni del metabolismo – Il sistema del citocromo p450
Processi metabolici che alterano le proprietà fisico-chimiche delle diverse classi di farmaci sono alla base dei principali
fenomeni di interazione farmacologica in corso di trattamento antiretrovirale. Un ruolo centrale è assunto dal sistema del
citocromo p450, sistema costituito da una serie di isoenzimi localizzati prevalentemente sulle membrane microsomiali del
reticolo endoplasmatico liscio degli epatociti, ma presente anche nel tratto gastrointestinale, nei reni, nei polmoni, nella cute
e nel sistema nervoso centrale. Gli isoenzimi del citocromo P450 sono stati suddivisi in famiglie e sottofamiglie, in base alla
somiglianza strutturale nella sequenza aminoacidica, indicate con il prefisso CYP seguito da un primo numero indicante la
famiglia, una lettera indicante la sottofamiglia e un secondo numero indicante il singolo isoenzima. Negli ultimi anni sono
stati identificati circa 30 CYP, sette dei quali svolgono un ruolo determinante nel metabolismo dei farmaci (CYP 1A2, 2C8,
2C9, 2D6, 3A4, 2E1). Tra questi, il citocromo P450 2D6 (CYP2D6) è uno dei più importanti poiché, sebbene sia
qualitativamente uno dei meno rappresentati (<5% del totale), catalizza l’ossidazione di più di 30 farmaci tra antidepressivi
triciclici, neurolettici, antiaritmici, beta-bloccanti e antitussivi. Un ruolo chiave è anche rivestito dalla sottofamiglia del
CYP3A che rappresenta circa il 30% di tutti gli isoenzimi epatici e che, dotata di un’elevata specificità di substrato,
contribuisce al metabolismo di circa il 50% dei farmaci più comunemente utilizzati.
Nel caso di interazione a livello delle isoforme del citocromo P450, si possono verificare fenomeni di inibizione e induzione
enzimatica il cui effetto tossico o terapeutico non può essere a priori previsto. La prima eventualità si verifica quando due o
più farmaci vengono metabolizzati dallo stesso enzima. Si viene in tal caso a determinare una competizione di legame per lo
stesso sito enzimatico con conseguente diminuzione del metabolismo del farmaco con minore affinità che causa un
aumento dei livelli plasmatici dello stesso. I meccanismi di inibizione degli enzimi CYP450 possono essere suddivisi in tre
categorie: reversibili, quasi-reversibili e irreversibili, in relazione al tipo di interazione che si instaura tra enzima e substrato
(farmaco o suoi metaboliti). Alcuni farmaci sono invece in grado di indurre isoenzimi diversi a livello sia epatico che
extraepatico. A differenza dell’inibizione, che rappresenta una risposta quasi immediata, l’induzione è un processo
regolatorio lento, che può ridurre la concentrazione plasmatica di un farmaco, e di conseguenza comprometterne l’efficacia
in maniera tempo dipendente.
Tra i farmaci antiretrovirali, dli inibitori della proteasi (IP) e gli analoghi non nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTI), interagiscono in vari modi con il CYP. Entrambe queste classi vengono metabolizzate da questo sistema enzimatico e possono comportarsi da induttori, inibitori e in certe circostanze in entrambi i modi. Essi possono pertanto dar luogo ad interazioni con altri farmaci il cui metabolismo sia sotto il controllo del medesimo sistema enzimatico. A differenza di PI ed NNRTI, gli analoghi nucleosidici (NRTI) sono eliminati prevalentemente per via renale e non interagiscono con il sistema dlel CYP450. Tale differenza di metabolismo si caratterizza sul piano clinico per gli scarsi fenomeni di interazione con altri farmaci. Numerosi farmaci sono stati identificati come substrati del CYP3A4, tra cui antidepressivi triciclici, benzodiazepine, calcio-antagonisti, antibiotici, antiistaminici, statine e molti altri. Il CYP3A3/4 è anche responsabile del metabolismo di alcuni ormoni endogeni (cortisolo, testosterone e desametasone). Farmaci quali gli antifungini azolici, i macrolidi e la cimetidina, sono potenti inibitori di questa isoforma. E’ importante ricordare inoltre che alcuni flavonidi naturali presenti nel succo di pompelmo (narigenina, quercitina) sono in grado di inibire il CYP3A4, e possono quindi determinare interazioni clinicamente significative. Il CYP3A4 è anche soggetto all’effetto induttore di farmaci quali alcuni antiepilettici (carbamazepina e fenitoina), barbiturici, rifampicina e glucocorticoidi. Particolare attenzione va quindi posta nella valutazione di queste possibili interazioni, che richiedono in molti casi la proscrizione di alcune associazioni e in altri opportuni aggiustamenti posologici. D’altra parte, alcune di queste interazioni possono anche essere utilizzate a fini terapeutici, come nel caso dell’impiego del ritonavir, il più potente inibitore del citocromo p450, per aumentare i livelli plasmatici di altri inibitori della proteasi e per migliorarne la farmacocinetica. Modificazioni del metabolismo – Principali interazioni degli IP Tra tutti gli inibitori della proteasi il ritonavir è il composto che interagisce con il maggior numero di isoenzimi ed é potenzialmente responsabile dell maggior numero di interazioni. Il ritonavir é il più potente inibitore dell'isoforma CYP3A4 ed inibisce moderatamente le isoforme 2D6, 2C9/10 e 2C19, mentre induce l'isoforma CYP1A2. L'indinavir è anch'esso un potente inibitore dell'isoforma 3A4, ma in misura minore rispetto al ritonavir, mentre il saquinavir ed ancora di più il nelfinavir sono dotati di una debole capacità inibente. Il nelfinavir può anche esercitare un effetto induttore. Gli IP possono interagire sia con gli altri preparati della stessa classe, sia con altri antiretrovirali somministrati in associazione (tabella 9, 10 e 11), sia con eventuali altri farmaci assunti dal paziente. In particolare, dal momento che il CYP3A4 è responsabile del metabolismo di un numero considerevole di farmaci, è possibile prevedere che la contemporanea assunzione di IP con alcuni antibatterici, antifungini, antidepressivi, antistaminici, benzodiazepine, calcio antagonisti, ciclosporina, antidiabetici orali, corticosteroidi, inibitori dell'HMG-CoA reduttasi ed altri ancora, possa dar luogo interazioni clinicamente rilevanti (tabella 12). Non è tuttavia semplice prevedere l’esito clinico di molte di queste associazioni poiché alcuni farmaci non solo risentono degli effetti degli IP, ma a loro volta possono essi stessi influenzare il metabolismo degli IP. Ad esempio, l’uso di antifungini azolici inibiscono il metabolismo degli IP e le due classi di farmaci non dovrebbero essere usati in associazione. E’ noto peraltro che tutti gli IP, ad eccezione del saquinavir, sono a loro volta in grado di inibire il metabolismo di alcuni azolici ( ketoconazolo). Il ritonavir riduce i livelli di teofillina e sulfametossazolo per induzione del CYP1A2. Al contrario, il metabolismo di trazodone, nifedipina, desipramina, rifabutina, sildenafil (Viagra), tacrolimus, etinilestradiolo, metadone, buprenorfina, triazolam, tolbutamide, terfenadina, cisapride ed in misura minore della claritromicina può risultare inibito dagli IP. E' opportuno pertanto ridurre il dosaggio dei suddetti farmaci, quando assunti insieme agli IP, in particolare al ritonavir, per evitare il rischio di gravi complicazioni, come per esempio accade con il midazolam o il triazolam. Analogamente, gli IP non dovrebberoessere usati contemporaneamente ad alcuni antistaminici (terfenadina ed astemizolo), alla cisapride, ed a diversi antiaritmici, per evitare il rischio di aritmie. Ancora, farmaci induttori del CYP3A4, come rifampicina, fenitoina, carbamazepina, fenobarbitale e desametasone dovrebbero essere evitati in corso di terapia con IP, soprattutto con il saquinavir, potendone determinare una riduzione significativa dei livelli plasmatici. La rifampicina e la rifabutina sono due potenti induttori del P450 CYP 3A che vengono somministrati frequentemente ai pazienti con infezione da HIV per il trattamento della tubercolosi. Nei pazienti che assumono una terapia antiretrovirale che comprende IP, l’impostazione di un trattamento antitubercolare richiede particolari cautele. Tra i due farmaci, la rifampicina è quella che ha l’effetto più marcato e non può essere somministrata in associazione con gli IP. Invece, modificando opportunamente il dosaggio dei farmaci, la rifabutina può essere somministrata con l’indinavir (riduzione della dose di rifabutina del 50% e aumento del dosaggio di indinavir a 1000-1200 mg tre volte al giorno) e con il nelfinavir (riduzione della dose di rifabutina del 50% e aumento del dosaggio del nelfinavir a 1000 mg tre volte al giorno). In base a quanto raccomandato dalle linee guida internazionali, le opzioni per il per trattamento anti tubercolare nei pazienti che assumono i IP possono distinguersi in: a)regimi contenenti la rifabutina - (dosi standard di isoniazide, pirazinamide, etambutolo e ribabutina (150 mg/die). Da non prescrivere in pazienti trattati con saquinavir, ritonavir e delavirdina); b) regimi non contenenti la rifampicina - (dosi standard di isoniazide, pirazinamide, etambutolo e streptomicina (15 mg/Kg una volta al La contemporanea assunzione degli IP con alcune sostanze d'abuso può essere causa di reazioni gravi e talora fatali. Ad esempio, il ritonavir è in grado di aumentare in modo significativo le concentrazioni seriche di MDMA (ecstasy). E’ inoltre di fondamentale importanza che i medici conoscano le possibili interazioni tra la terapia ARV e trattamento sostitutivo con metadone al fine di evitare la comparsa di sintomi di astinenza dovuti alla riduzione dell’efficacia del metadone, sintomi che possono indurre le persone in trattamento sostitutivo ad interrompere la cura per l’infezione da HIV (tabella 13). Studi di farmacocinetica hanno dimostrato che la somministrazione contemporanea di sidenafil (Viagra) e degli inibitori della proteasi non influenza l’effetto degli antiretrovirali ma aumenta significativamente la concentrazione plasmatica del Viagra e quindi il rischio di effetti collaterali. Sebbene non siano ancora definite precise norme di utilizzo del Viagra nei pazienti HIV -positivi che assumono inibitori della proteasi, è attualmente consigliato di iniziare il trattamento a bassi dosaggi (25 mg) che possono essere eventualmente aumentati sotto stretto controllo medico. In questi pazienti il rischio di effetti collaterali gravi è significativamente elevato se all’interazione tra Viagra e inibitori della proteasi viene a sommarsi l’effetto di sostanze illecite quali ecstacy, “poppers” e cocaina. Infine bisogna ricordare che anche i fitofarmaci o i cosiddetti “rimedi naturali” possono interagire in modo negativo con la terapia antiretrovirale. A fronte di una diffusa ed errata credenza che tali prodotti sono sicuri e liberi da effetti collaterali e da interazioni con altri farmaci, vi sono, infatti, dati recenti che hanno dimostrato importanti interazioni tra alcuni fitofarmaci e farmaci antiretrovirali. E’ riportato ad esempio che l’Hypericum perforatum (o erba di San Giovanni), utilizzato come rimedio popolare per la depressione lieve- moderata, si comporta da induttore del CYP450 ed è in grado di ridurre di circa il 50% i livelli plasmatici dell’indinavir e di circa il 20% quelli di nevirapina. E’ stato anche dimostrato che l’aglio, il ginseng e il cardo alterano il metabolismo dei farmaci, sebbene vi siano ancora limitati studi sull’uomo. Vi è una segnalazione di notevole tossicità gastrointestinale da ritonavir in due pazienti dopo aver Modificazioni del metabolismo – Principali interazioni degli NNRTI Gli NNRTI (delavirdina, efavirenz e nevirapina) possono sia indurre che inibire il CYP3A e causare complesse interazioni con altri farmaci, tra cui gli stessi IP (tabella 14 e tabella 9). Esistono tuttavia differenze tra i diversi preparati. La delavirdina generalmente inibisce l'isoforma CYP3A, mentre l'efavirenz ha effetti misti aumentando da un lato i livelli plasmatici di nelfinavir e ritonavir e riducendo quelli di indinavir e saquinavir. L'efavirenz, inoltre, sembra risentire molto poco degli effetti degli IP. Il metabolismo della delavirdina, invece, ma non quello della nevirapina viene ridotto dal nelfinavir. La nevirapina può indurre il metabolismo di numerosi farmaci ed anche il proprio. Essa, infatti, riduce i livelli plasmatici di rifampicina, rifabutina e contraccetivi orali. Efavirenz e nevirapina, inoltre, quando aggiunti alla terapia di mantenimento con metadone, ne riducono l'AUC di circa il 60%, potendo indurre comparsa di sindrome d'astinenza nell'arco di 7-10 giorni. Non si conoscono, invece, interazioni clinicamente rilevanti della delavirdina, al di là di quella con la rifampicina, che ne aumenta drasticamente il metabolismo, Modificazioni della farmacocinetica intracellulare- Principali interazioni degli NRTI Gli NRTI sono una classe di profarmaci che richiedono un processo di fosforilazione intracellulare per trasformarsi nelle rispettive molecole attive. Essi possono pertanto interagire positivamente o negativamente tra loro o con altri farmaci che esercitano un’influenza sui processi di attivazione intracellulare. Studi in vitro e dati clinici indicano, ad esempio, che la zidovudina può alterare la fosforilazione intracellulare della stavudina; questa associazione andrebbe pertanto evitata. Contrariamente, dati in vitro hanno dimostrato un’interazione sinergica tra didanosina e idrossiurea; quest’ultimo farmaco sembra in grado di preservare la sensibilità di HIV alla didanosina attraverso un meccanismo di inibizione della ribonucleotide-reduttasi e aumentando il pool intracellulare di dATP che normalmente compete con il ddATP, metabolita attivo della didanosina. Alcuni farmaci, tra cui ribavirina, methotrexate e doxorubicina, possono interferire con la fosforilazione degli analoghi della timidina. In particolare, la ribavirina, farmaco attualmente indicato per il trattamento dell’epatite C, inibisce in vitro la fosforilazione della zidovudina e della stavudina. Seppur non vi siano ad oggi dati clinici che supportino una rilevanza clinica di queste interazioni, l’associazione di ribavirina con zidovudina o stavudina andrebbe evitata. Le alterazioni nell’eliminazione renale di un farmaco conseguono nella maggioranza dei casi a un’inibizione della secrezione tubulare o a modificazioni della filtrazione glomerulare. Molti preparati utilizzati nel trattamento delle complicanze dell’infezione da HIV, quali l’amfotericina B, la pentamidina, il foscarnet, il cidofovir, gli aminoglicosidi e il cotrimoxazolo possono alterare la funzionalità renale. Pertanto, il dosaggio di NRTI, quali didanosina, zalcitabina, stavudina e lamivudina, eliminati prevalentemente per via renale, deve essere modificato in base agli indici di funzionalità renale del paziente per evitare la comparsa di effetti tossici. Il probenecid e il trimetoprim sono inibitori della secrezione tubulare. Il cotrimoxazolo è in grado di aumentare le concentrazioni plasmatiche e di ridurre la clearance renale della lamivudina; tuttavia in relazione al buon profilo di tossicità della lamivudina questa interazione non sembra avere importante significato clinico. La somministrazione di probenecid con zalcitabina e zidovudina porta au un aumento dei livelli plamsatici dei due nucleosidi; anche in questo caso tuttavia non è riconosciuto un chiaro significato clinico dell’interazione. Interazioni farmacodinamiche
Qualora un farmaco agisca in modo sinergico o antagonista sugli effetti terapeutici o sugli effetti tossici di un altro senza modificarne la concentrazione plasmatica può causare interazioni di tipo farmacodinamico. Ad esempio, l’associazione di ganciclovir e zidovudina (farmaci entrambi potenzialmente mielotossici) si associa a un significativo aumento dell’incidenza di neutropenia severa. Analogamente, il cotrimoxazolo, l’interferone alfa e la sulfadiazina possono in alcuni casi potenziare la mielotossicità indotta dalla zidovudina. Il rischio di insorgenza di neuropatia periferica, principale effetto collaterale di alcuni NRTI (didanosina, zalcitabina e stavudina), è aumentato quando questi sono usati in associazione con altri farmaci potenzialmente neurotossici come isoniazide, disulfiram, etionamide, fenitoina, cisplatino e vincristina. La somministrazione di etambutolo e pentamidina andrebbe evitata nei pazienti in trattamento con didanosina per l’elevato rischio di pancreatite. Therapeutic Drug Monitoring (TDM) dei farmaci antiretrovirali
E’ noto che esiste una marcata variabilità interindividuale nella capacità di metabolizzare i farmaci. Ciò comporta variazioni
farmacocinetiche da paziente a paziente che rendono parzialmente conto delle differenti risposte alla stessa dose di farmaco
( che variano dalla mancanza di effetti clinici alla comparsa di gravi effetti tossici) che si possono osservano nella pratica
clinica quotidiana. A determinare tale variabilità concorrono fattori di natura diversa quali, fattori fisiologici (età, sesso),
patologici ( es. malattie epatiche e renali), ambientali ( es. interazioni tra farmaci) e genetici ( variabilità interindividuale
nell’attività degli enzimi responsabili del metabolismo di alcuni farmaci). Attualmente sono disponibili tecniche di dosaggio
della quantità di farmaco presente nel plasma (TDM) che possono servire ad ottimizzare le dosi da somministrare ad ogni
singolo paziente. Nella pratica clinica tuttavia non è ancora chiaro se questo tipo di misurazione possa portare a dei benefici
Uno studio recente ha analizzato la potenziale utilità di questo monitoraggio per le varie classi di farmaci: gli RTI non sono candidati ideali a causa delle difficoltà (e del costo) che si incontrano per misurare i metaboliti attivi di questi farmaci, che sono dei nucleosidi intracellulari; gli NNRTI hanno una lunga emivita, per cui il monitoraggio del livello plasmatico appare essere superfluo; gli IP invece si presentano come dei candidati ideali per l'esecuzione di questo esame, in quanto le loro concentrazioni sono spesso variabili e ciò influisce direttamente sull'efficacio della terapia. Attualmente l'impiego di questa metodica di monitoraggio viene utilizzata da laboratori molto specializzati solo nell'ambito di studi clinici controllati.
Tabella 1 : Farmaci antiretrovirali attualmente in uso in Italia
Inibitori nucleosidici della transcriptasi inversa (NRTI)
Principio attivo

Nome
commerciale

Zidovudina (AZT) Retrovir Didanosina (ddI) Abacavir

Inibitori non-nucleosidici della transcriptasi inversa (NNRTI)
Principio

commerciale

Inibitori della proteasi (IP)
Principio attivo Nome

commerciale

Tabella 2 : Eventi avversi associati a terapia con NRTI e frequenza di comparsa in letteratura
Zidovudina

cefalea

Didanosina
pancreatite

Zalcitabina
neuropatia periferica

Stavudina
neuropatia periferica

Lamivudina
nausea

Abacavir
nausea – vomito

Tabella 3: Eventi avversi associati a terapia con NNRTI e frequenza di comparsa in letteratura
Nevirapina
rash (totali)
Efavirenz
tossicità per SNC (totale 52%
tossicità per SNC (grave) 6%
rash (totali)

Tabella 4: Eventi avversi associati a terapia con IP e frequenza di comparsa in letteratura
Saquinavir

Indinavir

Ritonavir
nausea
Questi dati sono riferiti da studi in cui il ritonavir
era utilizzato al dosaggio terapeutico di 800 mg/die


Nelfinavir

Amprenavir

Tabella 6 : Trattamenti associati alla comparsa di diarrea
Farmaco

Frequenza

Tabella 7 : Classificazione della “sindrome lipodistrofica”.
Tipo 1 :Lipoatrofia

Tipo 1 A : senza perdita del grasso facciale Tipo 1 B : con perdita del grasso facciale
Tipo 2 : Accumulo di grasso

Tipo 2 D : su due o più parti del corpo
Tipo 3 : Combinazione dei gruppi 1 e 2

Tipo 4 : disordini metabolici


Tabella 8: Trattamento farmacologico delle alterazioni
del metabolismo lipidico

Considerazioni
• Possibile interazione con le statine Inibitori del HMG Coa reduttasi • Gli IP aumentano i livelli plasmatici (statine) (es. simvastatina, lovastatina, atorvastatina, • Effetti collaterali gravi: rabdomiolisi, • Riduzione del dosaggio in pazienti con • Non dati disponibili sul suo utilizzo nei • Possibile interazione con le statine
Tabella 5. Farmaci utilizzati nell’infezione da HIV con tossicità sovrapponibili

Tossicità
Neuropatia
Pancreatite
Tossicità
Tossicità
midollare
periferica
sull’occhio
rifabutina
sulfadiazina
trimetrexate
zidovudina


Tabella 11. Farmaci che non dovrebbero essere somministrati con gli inibitori della proteasi

Classi di farmaci
Indinavir
Ritonavir
Saquinavir
Nelfinavir
Amprenavir
Lopinavir/
ritonavir

dell’apparato gastrointestinale Neurolettici Alternative suggerite Simvastatina, lovastatina: atorvastatina, pravastatina, fluvastatina, cerivastatina (queste alternative devono essere tuttavia considerate con cautela) Rifabutina: claritromicina, azitromicina ( profilassi delle micobatteriosi); claritromicina, azitromicina, etambutolo ( trattamento delle micobatteriosi) Astemizolo, terfenadina: loratidina, fexofenadina, cetirizina Midazolam, triazolam: temazepam, lorazepam Tabella 9. Interazioni tra IP: effetto effetti sui livelli plasmatici/modificazione dei dosaggi
Ritonavir
Saquinavir
Nelfinavir
Amprenavir
Lopinavir/
Ritonavir
Indinavir
IDVi 2-5 x
SQVi 4-7 x
AUC di APVi
Ritonavir
NFVi 1.5 x
AUC di APVi2.5 x
Fortovase 400 mg NFV 500-750 mg APV 600-1200 mg Saquinavir
SQVi 3-5 x
Cmin SQVi
Nelfinavir
AUC di APVi1.5 x
Amprenavir
Cmin di APVi
dati limitati a APV 600-750 mg bid+ LPV/r dosi standard Tabella 10. Interazioni tra IP e NNRTI: effetto effetti sui livelli plasmatici/
modificazione dei dosaggi
Nevirapina
Delavirdina
Efavirenz
Indinavir
IDVi >40%
IDV 1000 mg ogni 8 ore + IDV 600 mg ogni 8 ore Ritonavir
RTV non si dispongono RTV 600 mg bid+ dati Saquinavir
Nelfinavir
Amprenavir
AUC di APV m 36%
Dosaggi: APV 1200 mg tid come singolo PI, o 1200 mg+ RTV 200 mg bid EFV dosi standard Lopinavir/
Ritonavir
Cmin di LPV m 55%
atteso un aumento dei AUC di APV m 40%
Nevirapina
AUC di EFVm 22%
Delavirdina
Tabella 12. Interazioni farmacologiche con gli inibitori della proteasi (1)
Aspirina
Paracetamolo
1.1.1 Narcotici/
morfino-
mimetici

1.1.9 FANS
1.1.11.1.1
ANTIARIT
MICI
1.1.19.1.1
ANTIBIOT
ICI
Interazioni farmacologiche con gli inibitori della proteasi (2)

(continua)
1.1.20.1.1
ANTIDEP
RESSIVI
1.1.20.2.1
ANTIMIC
OTICI
ANTISTAMINICI
1.1.20.2.2
ANTI-
EMICRANIA
1.1.20.2.3
ANTINEO
PLASTICI
1.1.20.2.4
ANTIPROT
OZOARI
1.1.20.2.5
ANTIPSIC
OTICI
1.1.20.2.6
ANTIVIRA
LI
ANSIOLITICI/IPNOTICI/
SEDATIVI
Alprazolam
Interazioni farmacologiche con gli inibitori della proteasi (3)

(continua
ansiolitici/ipnotici/sedat
ivi)

Diazepam
1.1.20.2.7
BETA-
BLOCCANTI
1.1.20.2.8
BRONCOD
ILATATORI
1.1.20.2.9
CALCIO-
ANTAGONIST
I

FARMACI PER LE
DISFUNZIONI ERETTILI
Sildenafil
FARMACI DELL’APPARATO
GASTROINTESTINALE
Cimetidina
1.1.20.2.10 ANESTETI
CI
1.1.20.2.11 SOSTANZ
E D’ABUSO
1.1.20.2.12 IMMUNO
MODULANTI
1.1.20.2.13 IMMUNOS
OPPRESSORI
1.1.20.2.14 AGENTI
IPOLIPEMIZZ
ANTI

Interazioni farmacologiche con gli inibitori della proteasi (4)

(continua agenti
ipolipemizzanti)
Fluvastatina
1.1.20.2.15 NEUROLE
TTICI
1.1.20.2.16 IPOGLICE
MIZZANTI
ORALI

1.1.20.2.17 STEROIDI

Legenda:
ν Non somministrare contemporaneamente
Ο Interazioni potenziali che richiedono una stretta sorveglianza ed eventualmente
modificazione dei dosaggi o degli intervalli tra le somministrazioni Non dimostrate interazioni clinicamente significative
ϕ Non vi sono dati che indichino possi bili interazioni
-

I dati su possibili interazioni sono ancora insufficienti

Tabella 13. Interazioni tra farmaci antiretrovirali e metadone

Modificazione della dose
Commento
Aumento dell’AUC dell’AZT del 40% non clinicamente significativo. Monitorare effetti tossici dell’AZT Considerare l’aumento del Il metadone causa un malassorbimento del ddi in compresse: dosaggio del ddI in compresse diminuzione della Cmax del ddI del 64% e dell’AUC del 41-60%. Non disponibili dati su altre formulazioni del ddI Diminuzioni della Cmax del d4t del 39% e dell’AUC del 18-27% non clinicamente significative Considerare un possibile umento della tossicità dell’abacavir. E’ possibile un ritardo nell’assorbimento dell’abacavir (distanziare le somministrazioni) Non sono attese significative interazioni Considerare un aumento del Sono state descritte diminuzioni dei livelli del meatdone superiori al metadone 45%. Considerare un aumento della dose di metadone oppure monitorare strettamente eventuali sintomi di astinenza. Previsto incremento dei livelli di metadone ma non formalmente indagato. Considerare un aumento del Riportate riduzioni dei livelli di metadone del 52%. Considerare metadone aumento della dose di metadone oppure monitorare strettamente la comparsa di sintomi di astinenza Considerare un aumento del Risultati di studi in vivo e in vitro contrastanti. In vitro riportata una metadone diminuzione della Cmax di metadone del 38% e dell’AUC del 36%. Considerare aumento della dose di metadone oppure monitorare strettamente la comparsa di sintomi di astinenza Studi in vitro non predicono interazuioni significative tra i farmaci.E’ stato tuttavia segnalato un possibile aumento della concentrazione plasmatica del metadone con saquinavir soft-gel Il metadone rallenta l’assorbimento di indinavir senza effetti significativi sull’AUC. Studi in vitro predicono un aumento dell’AUC del metadone del 30%. Probabilmente non necessari aggiustamenti di dose Considerare un aumento del Sono riportate riduzioni dei livelli di metadone del 40-50%. metadone Considerare aumento della dose di metadone oppure monitorare strettamente la comparsa di sintomi di astinenza Considerare un aumento del Sono riportate riduzioni dei livelli di metadone del 53%. Considerare aumento della dose di metadone oppure monitorare strettamente la comparsa di sintomi di astinenza Considerare un aumento del Studi in vitro predicono una riduzione dell’AUC del metadone; metadone monitorare strettamente la comparsa di sintomi di astinenza e considerare, nel caso, un aumento della dose del metadone Tabella 14.
Interazioni farmacologiche con gli NNRTI (1)

Aspirina
Paracetamolo
1.1.21
Narcotici/
morfino-
mimetici

1.1.29
FANS
1.1.31.1.1
ANTIARIT
MICI
1.1.39.1.1
ANTIBIOT
ICI
Interazioni farmacologiche con gli NNRTI (2)
(continua)
1.1.40.1.1
ANTIDEP
RESSIVI
1.1.40.2.1
ANTIMIC
OTICI
ANTISTAMINICI
1.1.40.2.2
ANTI-
EMICRANIA
1.1.40.2.3
ANTINEO
PLASTICI
1.1.40.2.4
ANTIPROT
OZOARI
1.1.40.2.5
ANTIPSIC
OTICI
1.1.40.2.6
ANTIVIRA
LI
ANSIOLITICI/IPNOTICI/
SEDATIVI
Interazioni farmacologiche con gli NNRTI (3)

(continua
ansiolitici/ipnotici/sedat
ivi)

Diazepam
1.1.40.2.7
BETA-
BLOCCANTI
1.1.40.2.8
BRONCOD
ILATATORI
1.1.40.2.9
CALCIO-
ANTAGONIST
I

FARMACI PER LE
DISFUNZIONI ERETTILI
Sildenafil
FARMACI DELL’APPARATO
GASTROINTESTINALE
Cimetidina
1.1.40.2.9.1 Antiemetici
1.1.40.2.10 ANESTETI
CI
1.1.40.2.11 SOSTANZ
E D’ABUSO
1.1.40.2.12 IMMUNO
MODULANTI
1.1.40.2.13 IMMUNOS
OPPRESSORI
1.1.40.2.14 AGENTI
IPOLIPEMIZZ
ANTI

Interazioni farmacologiche con gli NNRTI (4)

(continua agenti
ipolipemizzanti)
Fluvastatina
1.1.40.2.15 NEUROLE
TTICI
1.1.40.2.16 IPOGLICE
MIZZANTI
ORALI

1.1.40.2.17 STEROIDI

DLV Delarvidina (Rescriptor)
EFV Efavirenz (Sustiva)
NVP Nevirapina (Viramune)
Legenda:
ν Non somministrare contemporaneamente
Ο Interazioni potenziali che richiedono una stretta sorveglianza ed eventualmente
modificazione dei dosaggi o degli intervalli tra le somministrazioni Non dimostrate interazioni clinicamente significative
ϕ Non vi sono dati che indichino possibili interazioni
-

I dati su possibili interazioni sono ancora insufficienti
SITI WEB CONTENENTI INFORMAZIONI SU EFFETTI INDESIDERATI E INTERAZIONI FARMACOLOGICHE DEI FARMACI www.hivatis.org
www.medscape.com
www.dml.georgetown.edu/depts/pharmacology
www.foodmedinteractions.com
www.hivdent.org
www.hopkins-aids.edu
www.iapac.org
www.hiv-druginteractions.org
wings.buffalo.edu/hiv_pharm_net

Source: http://www.benessere.com/sessuologia/Docinterazfarma.pdf

santateresa.com.mx

When (Not) to Stop a Clinical Trial for Benefit JAMA . 2005;294(17):2228-2230 (doi:10.1001/jama.294.17.2228) Medical Practice; Medical Ethics; Randomized Controlled Trial Randomized Trials Stopped Early for Benefit: A Systematic Review 21. Alliance for Cervical Cancer Prevention. Effectiveness, safety, and acceptabil- 25. Crum CP. The beginning of the end for cervical cancer? N Engl

September 28 newsletter.doc

MSU Beef Update Question of the Week: What is ergot poisoning? (This question comes from Phillips County) Ergot is toxic to animals. Animals consume ergot by eating the sclerotia present in contaminated feed. All domestic animals are susceptible, including birds. Cattle seem to be the most susceptible. Two well known forms of ergo

© 2010-2017 Pharmacy Pills Pdf