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Il trattamento conservativo nell’osteonecrosi
Relazione scientifica consigliata dal Prof. P. G. Marchetti a cura di:
Antonio Capone, Daniele Podda, Franco Ennas, Valeria Setzu*
Clinica Ortopedica e Traumatologica, Università degli Studi di Cagliari (Dir. Prof. C. Velluti)
*Unità Operativa di Ortopedia Pediatrica, Casa di Cura Lay, Cagliari
ABSTRACT Tab. 1: Fattori di rischio per l’osteonecrosi idiopatica Osteonecrosis of the femoral head is a difficult disease to treat because of lack of understanding of its etiology and because it often affects young patients. Osteonecrosis Trombofilia familiare Reazioni d’ipersensibilita’ Altre condizioni can be associated with traumatic or non traumatic pretrombotiche conditions. The most common pathophysiologic event in nontraumatic osteonecrosis is intravascular coagulation and microcirculatory thrombosis. A prompt diagnosis al ows early treatment which may result in a better outcome. Iperlipemia ed embolia Magnetic resonance imaging has become the standard for diagnosis osteonecrosis with 99% of sensitivity and specificity. A number of different classification systems Infezioni have been developed but actual y the Steinberg’s system of classification and staging provides guidelines for treatment and prognosis. This system identifies six stages of osteonecrosis based on findings of radiographic and magnetic resonance images and the extent of the involvement of the femoral head is classified as A (<15%), B Rilascio di fattori tissutali (15-30%) or C (>30%). Since osteonecrosis presents with a wide spectrum of disease, a number of different treatment modalities are appropriate depending on the age of the patients and the extent and location of the osteonecrosis in the femoral head. There are a number of findings on plain radiographs and magnetic resonance images that
nel 60% dei casi. In Italia vengono identificati 10.000 nuovi
clearly should influence the choice of treatment. Non
casi ogni anno e si stima che sia la causa del 10% di tutti gli
surgical procedures as pharmacological or hyperbaric
interventi di artroprotesi totale d’anca. L’età media di insorgenza
oxygen therapy are indicated in the stage I of disease.
è stimata intorno ai 39 anni con una maggiore incidenza nel a
Core decompression or tantalum rod or autologous bone marrow grafting determine excel ent outcomes in the stage I because the lesion of the femoral head is pre-col apsed. Eziopatogenesi The crescent sign in the stage I I represents subchondral
In base al ’eziologia è possibile distinguere due forme
col apse or fractures and if there is extensive involvement of fondamentali di osteonecrosi: le forme post-traumatiche the femoral head (>30%) the success of surgical techniques e le forme idiopatiche. Tra le prime vi sono le necrosi that save the femoral head decreases substantial y.
conseguenti a fratture mediali del col o del femore, a lussazioni del ’articolazione coxo-femorale, a fratture del ’acetabolo.
L’osteonecrosi asettica del a testa femorale è una patologia
Fra le idiopatiche, in cui non è possibile riconoscere una
caratterizzata da un’alterazione del a vascolarizzazione
causa sicura, è possibile individuare dei fattori di rischio che
del ’epifisi femorale che comporta un progressivo cedimento
sono correlati a un aumento del rischio d’insorgenza della
del ’osso subcondrale con deformazione del a testa femorale
necrosi della testa del femore (Tab.1). L’evento cardine nella
e quindi una rapida degenerazione del ’articolazione del ’anca.
genesi della necrosi è l’interruzione del ’apporto ematico alla
La patologia non ha predilezione di sesso e risulta bilaterale
spongiosa epifisaria del femore prossimale che causa la necrosi del e cel ule che compongono la struttura ossea, il midol o gial o e il midol o emopoietico. L’occlusione arteriosa può avvenire per trombosi o per embolia; l’eventualità di un evento trombotico ha valso a questa malattia il nome di “malattia coronarica del ’anca” perché la lesione è del tutto simile a quel e del ’aterosclerosi coronaria in cui si può creare una fissurazione del ’intima con esposizione della placca lipidica e trombosi secondaria intraluminale con arresto del flusso ematico. Il flusso arterioso si può arrestare anche
Stadio II Stadio III
per la presenza di emboli gassosi, adiposi o trombotici che provengono da altri distretti e che si fermano nella rete arteriolare e capillare del ’osso subcondrale (2). La seconda ipotesi etiopatogenetica è che si verifichi una stasi circolatoria come conseguenza di una coagulazione intravascolare nel distretto venoso postcapil are per uno sbilanciamento nei sistemi regolatori del ’emostasi e del a coagulazione (3). La zona più frequentemente interessata dal a necrosi è la porzione superiore e antero- laterale del a testa femorale, in quanto queste sono le zone che
Stadio IV Stadio VI
presentano una vascolarizzazione terminale e in cui vi è un ridotto flusso vascolare e una via di deflusso obbligata
Fig. 1: Classificazione in stadi dell’osteonecrosi (Steinberg 1995)
retrograda verso la regione trocanterica per la presenza
di una vasta area di cartilagine articolare. Una teoria
Risulta quindi importante eseguire una diagnosi precoce
etiopatogenetica più recente coinvolge la differenziazione
nei pazienti a rischio e trattare questi pazienti per evitare o
del e cel ule mesenchimali. Suh (4) e Lee (5) hanno dimostrato
ritardare l’evoluzione del a patologia. La terapia farmacologica
sperimentalmente che in osteonecrosi causate dal ’alcool la
sperimentata (vasodilatatori, statine, anticoagulanti,
differenziazione verso la linea osteogenica e adipogenica
anabolizzanti, bisfosfonati) non ha riportato risultati univoci.
del e cel ule staminali risulta ridotta.
Glueck et al. (9) hanno dimostrato l’efficacia del a terapia con enoxaparina nel prevenire la progressione del ’osteonecrosi
Diagnosi e classificazione
in un gruppo di pazienti che presentavano alterazioni del a
Attualmente l’indagine strumentale più utile per una diagnosi
coagulazione come trombofilia o ipofibrinolisi. Il trattamento
precoce e per una stadiazione del ’osteonecrosi è la Risonanza
con enoxaparina di 60 mg/die per 12 settimane ha evidenziato
Magnetica. La scintigrafia trifasica è una metodica molto
infatti che negli stadi I e I di necrosi del a testa femorale a
sensibile ma poco specifica e l’esame radiografico può essere
distanza media di 25 mesi solo nel 24% dei casi si è realizzata
negativo negli stadi iniziali del a malattia.
una progressione agli stadi I I e IV.
Il quadro tipico in Risonanza Magnetica è rappresentato nelle
Lai et al (10) hanno condotto uno studio randomizzato prospettico
scansioni T1 pesate una linea di basso segnale che separa
per valutare l’efficacia del ’alendronato (70 mg/die per 25
l’osso normale dall’osso ischemico mentre nelle immagini T2
settimane) in pazienti affetti da osteonecrosi non traumatica
è possibile riscontrare il segno della doppia linea poiché si
in stadio I e I . A un fol ow-up mimino di 24 mesi 2/29 casi
evidenzia una seconda linea di alto segnale che corrisponde
trattati con alendronato presentavano un cedimento del ’osso
Fig. 2: Algoritmo di trattamento OSTEONECROSI SINTOMATICO STADIO I o II ASINTOMATICO Estensione Estensione lesione < 15% lesione > 15% Core decompression Chiodo tantalio Fattori di crescita Core o drilling Innesti ossei decompression C.E.M.P. (Campi Magnetici Pulsati) O.T.I. (Ossigeno Terapia Iperbarica) O.U. (Onde d’Urto)
all’ipervascolarizzazione del tessuto di granulazione
subcondrale (7%) mentre nel gruppo di control o 19/25 casi
(76%) presentavano un col asso del a testa femorale.
In base al quadro radiografico e a quel o del a Risonanza
La terapia fisica con campi magnetici pulsati, onde d’urto o
Magnetica possiamo distinguere, secondo Steinberg (7), 7 stadi
ossigenoterapia iperbarica è indicata negli stadi iniziali. Uno
(Fig.1):
studio multicentrico condotto da Massari e col aboratori (11)
Stadio O: diagnosi eseguita tramite biopsia
ha evidenziato che l’impiego di campi elettromagnetici pulsati
Stadio I: quadro radiografico normale, segni di
applicati per almeno 8h/die per 6 mesi comporta, a una
osteonecrosi rilevati tramite la scintigrafia o la risonanza
distanza media di 28 mesi, una percentuale di progressione
del a necrosi del 0% negli stadi I, del 13,6% negli stadi I e del
Stadio I : segni radiografici di osteonecrosi (aree di
La terapia con onde d’urto determina una decompressione
Stadio I I: segni di cedimento subcondrale (Rx: segno del a del a zona necrotica tramite la rottura del e trabecole ossee semiluna o crescent sign)
e una neoangiogenesi. La valutazione a distanza di 2 anni
Stadio IV: appiattimento del a testa femorale
di 49 pazienti affetti da osteonecrosi del ’anca di stadio I, I e
Stadio V: restringimento del o spazio articolare e
I I e trattati con uno o due cicli di 3 sedute di onde d’urto ha
interessamento del a superficie articolare del cotile
evidenziato risultati clinici ottimi nel 85% con regressione del a
Stadio VI: grave degenerazione articolare
lesione necrotica nel a risonanza magnetica di control o e risultati cattivi nel 12,2% con progressione del a patologia (12).
Negli stadi I, I , I I risulta inoltre importante valutare l’estensione
L’ossigenoterapia iperbarica consente di ripristinare
del a necrosi a livel o del a testa femorale nel e immagini T1
l’ossigenazione tissutale e d’indurre l’angiogenesi. Uno studio
coronali e sagittali distinguendo 3 gruppi: A con estensione
comparativo condotto da Reis et al. (13) ha dimostrato che
< 15%, B con estensione compresa tra 15-30% e C con
nei casi di osteonecrosi con stadio I la terapia iperbarica ha
determinato, a un fol ow-up minimo di 2 anni, nel ’81% la risoluzione del a necrosi del a testa femorale mentre nel gruppo
Trattamento non chirurgico
di control o solo nel 17% dei casi è stata evidenziata una
Il trattamento più idoneo del ’osteonecrosi del a testa del
femore è scelto in base al o stadio del a malattia. L’evoluzione
del a malattia risulta inesorabile, se la patologia non è trattata
Trattamento chirurgico conservativo
nel 80% dei casi a 4 anni si realizza una deformità del a testa
Il trattamento chirurgico conservativo prevede l’intervento di
decompressione, il chiodo in tantalio, le osteotomie, l’impiego di
Hernigou et al. (8) hanno condotto uno studio prospettico su
innesti ossei autologhi con o senza peduncolo vascolare.
40 anche che presentavano uno stadio 1 di lesione senza
L’intervento di decompressione dell’area necrotica
alcun sintomo. A un fol ow-up medio di 11 anni nel 88% dei
rappresenta la metodica più utilizzata in quanto risulta
casi erano diventati sintomatici e nel 73% era presente un
poco invasiva e i risultati sono soddisfacenti negli
stadi iniziali di necrosi. Una metanalisi di 24 studi, che
plusnews OSTEONECROSI
22% degli stadi I, nel 25% degli stadi II e nel 100% dei casi di stadio III e IV (17). STADIO III
Il supporto meccanico al ’osso subcondrale può essere realizzato utilizzando dopo la decompressione innesti ossei non vascolarizzati, innesti ossei vascolarizzati costituiti dal perone o dal a cresta iliaca o dal chiodo in tantalio. I risultati a distanza con gli innesti ossei non vascolarizzati evidenziano una percentuale del 90% di successo a un fol ow-up medio di 8 anni negli stadi I e I del ’osteonecrosi (18) ma che si riduce al 60% negli stadi I I e IV (19). Utilizzando la
Estensione Estensione
tecnica del a finestra (trapdoor) a livel o del a giunzione testa-
lesione < 30% lesione > 30%
col o femorale per raggiungere e rimuovere il tessuto necrotico e impiegando proteina ossea morfogenetica (BMP) e sostituti ossei, Mont et al (20) riportano che in 21 pazienti trattati 18/21 (86%) presentavano, a un fol ow-up minimo di 36 mesi, un soddisfacente risultato clinico con punteggio secondo l’Harris Hip Score superiore a 80 punti senza segni radiografici di evoluzione del a patologia. Per quanto riguarda gli innesti ossei vascolarizzati Scul y et al. (21) riportano in 614 anche trattate con decompressione e innesto osseo di perone vascolarizzato una sopravvivenza a 4 anni dal ’intervento del 89% negli stadi di necrosi pre-col asso e del 81% nei casi con cedimento del ’osso subcondrale già prima del ’intervento. I problemi del ’impiego del perone
Innesti vascolarizzati osteotomie Osteotomie protesi di rivestimento Me-Me
vascolarizzato sono rappresentati dal a complessità del a procedura di prelievo e l’incidenza del e complicanze postoperatorie costituite da lesioni nervose e fratture del col o femore che può raggiungere anche il 19% (22). Nel 2000 Poggie et al. hanno ideato e realizzato un dispositivo in tantalio che potesse comportarsi, dal punto di vista strutturale, come un trapianto osseo nel supportare la zona di necrosi del a testa femorale (23). Il tantalio poroso è un nuovo biomateriale con una struttura metal ica costituita da pori interconnessi e presenta un modulo di elasticità simile a quel o del ’osso umano. Le proprietà meccaniche e biologiche del
Fig. 3: Algoritmo di trattamento
riportavano casistiche di anche trattate con l’intervento di
chiodo in tantalio rappresentano il razionale per il suo utilizzo
decompressione, ha rivelato che a distanza media di 30
nel trattamento degli stadi precoci del a necrosi avascolare. Per
mesi nel 63,5% è stato ottenuto un successo clinico con
la sua elevata porosità l’impianto consente la decongestione
una sopravvivenza dell’84% nello stadio I, del 65% nello
del ’osso spongioso mentre le sue proprietà strutturali offrono il
stadio II e del 47% nello stadio III in cui era già presente
supporto meccanico al ’osso subcondrale. L’impiego del chiodo
preoperatoriamente un collasso dell’osso subcondrale (14).
in tantalio presenta molti vantaggi clinici rispetto al ’utilizzo dei
Oltre alla tradizionale tecnica di decompressione, che
trapianti ossei vascolarizzati. La tecnica chirurgica è semplice,
prevede il carotaggio della zona necrotica, sono state
l’anca non viene lussata, l’impianto è stabile grazie al a sua
proposte altre tecniche. Mont et al. (15) riportano una
filettatura che lo fissa al a corticale laterale del femore e pertanto
percentuale di successo del 70% impiegando la tecnica
è possibile concedere un carico precoce sul ’arto.
delle perforazioni multiple a livello della testa femorale. In
La nostra esperienza con questa tecnica, iniziata nel 2002, ha
particolare nello stadio I, a un follow-up medio di 5 anni,
evidenziato una netta riduzione del a sintomatologia dolorosa
l’80% delle lesioni non ha mostrato peggioramento, le anche
nel ’immediato postoperatorio e dopo 1 anno dal ’intervento
in stadio II hanno ottenuto un arresto di progressione della
un’assenza di progressione radiografica del ’osteonecrosi in 12
malattia nel 76,5% dei casi mentre solo il 45% delle anche in
casi su 14 trattati (24). Una valutazione con un fol ow-up medio di
stadio III ha ottenuto risultati soddisfacenti.
4,8 anni dal ’intervento di 25 casi trattati con il chiodo in tantalio
Negli stadi con cedimento dell’osso subcondrale i risultati
per osteonecrosi in stadio I o I ha evidenziato in 6 casi (24%) il
della sola decompressione sono molto variabili e pertanto
cedimento del ’osso subcondrale. Negli altri 19 casi il punteggio
sono state proposte altre tecniche chirurgiche che possano
secondo la scheda di Harris è passato da un valore medio
favorire la guarigione biologica della necrosi o realizzassero
preoperatorio di 45 punti a valore medio al control o di 95 punti
un supporto meccanico all’osso subcondrale (16).
con una valutazione complessiva di 12 casi ottimi e 7 buoni.
Hernigou e Beaujean hanno riportato i risultati a distanza di
Shuler et al (25) riportano in 24 casi con osteonecrosi in stadio I
5 anni del trattamento dell’osteonecrosi con decompressione
o I trattati con il chiodo in tantalio una percentuale di fal imenti
e trapianto di midollo osseo autologo. Questa tecnica ha
del 14% a un fol ow-up medio di 39 mesi e una sopravvivenza
comportato una progressione della lesione necrotica nel
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Negli stadi con cedimento dell’osso subcondrale (III e IV) trova ancora una possibile indicazione l’intervento di osteotomia
OSTEONECROSI
intertrocanterica. Gallinaro et al. (26) riportano una percentuale
STADIO IV e V
di complicanze intra-postoperatorie del 17% e nei risultati a distanza di 10 anni una percentuale di progressione dell’osteonecrosi del 27% nello stadio III e del 35% nello stadio IV. La Scuola Bernese (Fuchs e Ganz 2003) ha riportato i risultati a lungo termine del a tecnica di osteotomia intertrocanterica di varo-flessione associata a innesto vascolarizzato del a cresta iliaca. A un fol ow-up medio di 13,5 anni il 36%
Estensione lesione < 30% Estensione lesione > 30%
dei pazienti (12/33) hanno eseguito successivamente un
affoss. < 4mm affoss. > 4mm
intervento di artroprotesi. Negli altri pazienti la valutazione clinica e radiografica ha evidenziato che nel 65% del e anche sì è realizzata una progressione del a necrosi con segni di degenerazione artrosica articolare (27). La sostituzione protesica rappresenta senz’altro un valido trattamento del ’osteonecrosi del ’anca ma la giovane età dei pazienti comporta la necessità di ritardare l’intervento oppure di dover pensare che questi pazienti dovranno probabilmente essere successivamente sottoposti a interventi di revisione per l’usura dei materiali. Le protesi di rivestimento trovano un’indicazione elettiva in questo tipo di pazienti ma la necrosi del a testa femorale può
Protesi di rivestimento Protesi short-stem accoppiamento
comportare una maggiore percentuale di complicanze. I risultati
Ce-Ce o Me-Me
a 4 anni hanno evidenziato una percentuale di mobilizzazione del a componente femorale del 27% nel e componenti di rivestimento solo femorale (28) e del 13% nel e protesi totali (29), pertanto attualmente trovano indicazione in soggetti giovani (< 50) che presentano uno stadio I I o IV con interessamento del a testa inferiore al 30% (30). Conclusioni Attualmente gli obiettivi nel trattamento del ’osteonecrosi del ’anca sono quel i di ritardare o evitare il col asso del ’osso subcondrale che comporta una precoce degenerazione articolare. Per ottenere questo è importante eseguire una
che non vogliono eseguire l’intervento, una terapia con campi
Fig. 4: Algoritmo di trattamento
diagnosi precoce in base al a conoscenza dei fattori di rischio
magnetici pulsati (8h/die per 6 mesi) oppure l’ossigenoterapia
e al ’esecuzione tempestiva di una risonanza magnetica. Una
iperbarica (3 cicli di 20 sedute con 2,2 atm). Nei pazienti con
volta eseguita la diagnosi e identificato lo stadio del a malattia
stadio I B e I C è indicato il posizionamento del chiodo in
risulta importante anche valutare l’età del paziente. Negli
tantalio (Fig. 2).
stadi iniziali (stadi I,I , I I) l’obiettivo è evitare il col asso del ’osso
Negli stadi I I nei pazienti con età inferiore ai 40 anni è
subcondrale. Negli stadi avanzati (stadi IV, V, VI) il trattamento
preferibile, se il paziente è informato sul e possibili complicanze,
migliore è la sostituzione protesica che deve essere scelta in
eseguire un intervento con innesto di perone vascolarizzato
o un’osteotomia. Nel o stadio I I C è indicato l’impianto di una
La nostra esperienza maturata dal 2000 al 2007 con il
protesi di rivestimento (Fig. 3).
trattamento di oltre 400 pazienti affetti da osteonecrosi del a
Negli Stadi IV, V e VI attualmente l’intervento più soddisfacente
testa del femore, in col aborazione con i col eghi ematologi per
è rappresentato dal a sostituzione protesica. La scelta del a
l’identificazione dei fattori di rischio, con i col eghi radiologi per
protesi è basata sul o stadio del a necrosi e sul ’età del paziente.
la diagnosi e la valutazione del ’evoluzione del ’area di necrosi e
La protesi di rivestimento trova un’indicazione elettiva negli stadi
con i col eghi anestesisti per l’ossigenoterapia iperbarica, ci ha
IV con estensione del a lesione a livel o del a testa femorale
permesso di formulare queste linee guida di terapia.
inferiore al 30%, negli stadi più avanzati è preferibile utilizzare
Nei pazienti asintomatici con osteonecrosi cosiddetta idiopatica
steli protesici che prevedono la conservazione del col o e
in stadio I e I risulta indicata la terapia con campi magnetici
accoppiamenti ceramica-ceramica e metal o-metal o (Fig. 4). Le
pulsati od ossigenoterapia iperbarica.
prospettive future nel trattamento del ’osteonecrosi sono molto
Nei pazienti con trombofilia è indicata la terapia con eparine e
incoraggianti in quanto i risultati sperimentali hanno evidenziato
basso peso molecolare con il seguente schema terapeutico:
la possibilità di utilizzare sostanze osteoinduttive come la
matrice ossea demineralizzata o i fattori di crescita piastrinici
Nei pazienti sintomatici con stadio I e I A trova indicazione
ma soprattutto le cel ule staminali per favorire negli stadi iniziali
elettiva l’intervento chirurgico di decompressione o, nei pazienti
del a malattia la rigenerazione del tessuto osseo spongioso (31).
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